domenica 31 luglio 2011

Ovvero?

La congiunzione "ovvero" è sempre stata usata con funzione esplicativa: "cioè", "ossia", "intendo dire".
Esempi:

... è stato premiato con una borsa di studio, ovvero una somma che gli consente...

... l'autore della "Vita nova" ovvero Dante Alighieri...

Un giorno un burocrate ha deciso, per chissà quale capriccio, o per pura e semplice asinità, che "ovvero" dovesse essere usato - al posto di "oppure" - per indicare l'opposizione fra due possibilità che si escludono reciprocamente.
Da quel momento nei testi burocratici - e solo in essi - si può leggere:

... il lavoratore può scegliere il sistema retributivo ovvero il sistema contributivo.

... nelle strade a due corsie ovvero a corsia unica...

Con conseguente attacco di cefalea ovvero mal di testa da parte di chi legge!.

domenica 24 luglio 2011

Medium, Media, Midia

Medium è un termine latino che porta con sé l'idea di "porre in mezzo" o "mettere in comune". Nel linguaggio dei fenomeni paranormali il medium è colui che si pone fra il mondo dei vivi e quello dei defunti, mettendo in comunicazione gli uni con gli altri. Di qui l'uso di chiamare media (plurale di medium) i mezzi di comunicazione, che permettono di stabilire un collegamento fra  chi emette un messaggio e chi lo riceve. Quest'uso è partito dagli Stati Uniti (ricordiamo che nella lingua inglese i termini latini sono molto più numerosi di quanto si pensi), ma non si riesce a capire per qual motivo, se gli anglofoni non sanno pronunciare correttamente la parola media e la trasformano in mìdia, gli italofoni debbano seguirli su questa ridicola via.
I mezzi di comunicazione di massa che invadono in modo martellante la nostra vita quotidiana sono dunque media (plurale di medium) e non midia.




venerdì 22 luglio 2011

L'inglese dei poveri

Nulla è più inutile e improduttivo del purismo, l'atteggiamento di chi pensa di poter utilizzare una lingua italiana imbalsamata, impedendole ogni mutamento e ogni contatto con il mondo esterno. Ma, simmetricamente, nulla è più ridicolo dell'atteggiamento di coloro che, per insicurezza e provincialismo, si rifugiano sistematicamente in un inglese caricaturale.
La cittadina belga di Waterloo (pronunciate come si scrive e tutti i suoi abitanti vi capiranno), diventa, così, con pronuncia assurdamente anglicizzata, "uòterlo".
Per quale demenziale motivo una giornalista radiofonica si sente in dovere di pronunciare "pèris" il nome della capitale di Francia?
L'indirizzo di posta elettronica diventa sulla carta intestata di una ditta italiana che ha contatti in lingua italiana con cittadini italiani, un grottesco "imail adress" (sic).
Un film incentrato sull'azione terroristica che ha insanguinato le Olimpiadi del 1972 è stato diffuso in Italia con il titolo "Munich", che è il nome inglese di Monaco (in tedesco München), la città sede di quelle Olimpiadi. Il motivo per cui una città tedesca sia stata chiamata in Italia con la sua denominazione inglese rimarrà per sempre misterioso.
Probabilmente l'Italia è l'unico paese del mondo civile nel cui governo si sia trovato per un certo tempo un ministero denominato in una lingua straniera (il ministero del Welfare). E' forse vergognoso preoccuparsi del benessere degli italiani, tanto da doverlo dire in un'altra lingua?
E perché i membri del parlamento, molti dei quali si dichiarano innamorati del proprio dialetto, devono essere convocati per un "meeting" invece che per una riunione, un dibattito, un convegno? Perché la giornata delle elezioni dev'essere chiamata "election day"?
Che cosa significa "la notizia ha colto di sorpresa l'intero board"?
E chiediamoci ancora: perché un'immagine - o diapositiva - deve diventare "slide", una banale panetteria "Pan shop center", e un giornaletto di notizie locali "Roccamia magazine"?
Molti poveri pensano di uscire dalla propria condizione esibendo un capo di abbigliamento con marchio falso, prodotto in un sottoscala da poverissime operaie e venduto per la strada da un povero ambulante. L'uso incongruo e sgangherato dell'inglese mi ricorda tanto quel marchio falso: il tentativo di apparire quello che non si è.